Pur essendo ancora presto per tirare le somme, possiamo dire di aver trascorso un’annata apistica caratterizzata da situazioni fortemente contrastanti.

La STAGIONE primaverile era infatti partita con le premesse giuste (meteorologiche e di fioriture) per far sperare in una buona annata produttiva e in una stabile ripresa delle famiglie su tutte le zone.

In molte aree della pianura tuttavia, a causa del diffuso manifestarsi di spopolamenti, le famiglie di api non versavano nella maggior parte dei casi, nelle condizioni ottimali per poter arrivare sull’acacia al giusto grado di sviluppo. A riprova di tale condizione c’è il fatto che in molte zone la produzione di mieli primaverili precedenti all’acacia è stata scarsa o assente. In ogni caso, l’attuazione di necessarie tecniche apistiche (nutrizione stimolante, pareggiamento o riunione delle famiglie più deboli), per questa fioritura ha permesso alla fine di ottenere (complici anche le ottimali condizioni meteo) produzioni generalmente accettabili (se paragonate alle ultime annate!). In alcune zone della bassa pianura e del cividalese sono state segnalate produzioni molto abbondanti, in altre dell’alta pianura invece scarse. La stagione si è poi trascinata con produzioni di millefiori/melate che potevano variare anche di molto a seconda delle zone prese in esame (abbondanti lungo il corso del Torre e del Cormor, scarse nelle zone più “secche”).

La zona montana ha visto un iniziale fase primaverile insolitamente calda e asciutta con estese fioriture di tarassaco, pruni e salici che hanno determinato un forte sviluppo delle famiglie, in netto anticipo rispetto alle annate precedenti e agli apiari dislocati in pianura. La situazione è tuttavia cambiata radicalmente con un maggio particolarmente freddo e umido che ha limitato notevolmente le possibilità di bottinatura delle api. La situazione è stata resa inoltre più complessa dalla totale assenza di melata di abete (generalmente concomitante con le annate di intensa fioritura, come quella verificatasi quest’anno) che ha reso necessari interventi di nutrizione di soccorso fino a giugno inoltrato. Tale precaria situazione si è protratta, per gli apiari di media montagna, fino al tiglio che grazie ad una fioritura dall’inaspettata abbondanza, ha “salvato” la stagione a un minuto dalla fine. Sono state registrate infatti produzioni discrete e caratterizzate da un notevole grado di purezza (vista l’assenza di nettari contaminanti). Molto male gli apiari dislocati in zone di media montagna senza presenza di tiglio, che in alcune zone hanno fatto registrare uno “zero” produttivo. Male anche quelli dislocati in alta montagna a causa di un repentino peggioramento delle condizioni meteo proprio in concomitanza della fioritura (peraltro abbondantissima) di rododendro e lampone che sono riusciti a “portare a casa” produzioni inferiori ai 10 kg.

Nella zona collinare è stato invece il castagno a deludere in parte le aspettative di molti apicoltori: a dispetto di una notevole fioritura infatti, i raccolti hanno raramente superato il melario-melario e mezzo. Il prodotto inoltre risulta spesso fortemente frammisto a tiglio (che anche in questa zona ha dato parecchio) e rovo e quindi difficilmente identificabile come monoflora.

Anche il monitoraggio del GRADO di INFESTAZIONE degli alveari da parte della VARROA fornisce in alcuni casi dati discordanti: alcune zone della montagna, dove l’infestazione risulta quasi sempre sotto la norma, fanno già registrare perdite di alveari e salvataggi in extremis con asportazione e distruzione della covata seguiti dalla somministrazione di ApiBioxal gocciolato. Altre zone della pianura, caratterizzate di solito da massiccia presenza dell’acaro, fanno notare ad oggi, cadute decisamente sotto la media. A parte casi limite, dovuti a trattamenti eseguiti in maniera impropria o non tempestiva, si assiste complessivamente ad una buona tenuta sia dei prodotti a base di amitraz abbinati al timolo, sia delle tecniche di blocco/asportazione della covata. Nel caso ci si affidi solo a queste ultime e si notino casi di reinfestazione, può essere utile intervenire con preparati a base di amitraz (APITRAZ e APIBIOXAL sono ancora disponibili presso la segreteria del Consorzio) nel periodo autunnale.

Ad oggi in tutte le zone, le famiglie appaiono nella maggior parte dei casi sane e in buone condizioni generali. Nella zona montana ciò è dovuto anche alla massiccia importazione di melate tardive (dall’origine botanica non sempre identificata, in alcune zone larice, in altre forse tiglio) che hanno contribuito a determinare un intasamento dei nidi con conseguente sospensione temporanea dell’allevamento della covata. Le condizioni delle scorte delle famiglie in pianura e collina risultano invece da sufficienti a scarse, complici anche le condizioni meteo che non consentono un’ottimale attività di bottinatura sull’edera attualmente in fiore. In questo caso è consigliabile intervenire con nutrizione liquida di supporto in ragione di almeno 5 litri di sciroppo per famiglia (a piena cassa). Questo anche per facilitare le api nell’ utilizzare il nettare di edera cristallizzato, altrimenti di difficile consumo da parte del glomere nei mesi invernali.

Luca Poggetti