Le perdite invernali di famiglie in provincia si sono attestate tra il 10 e il 25%. Questa quota è salita a inizio primavera in quanto le basse temperature non sempre hanno consentito agli apicoltori di effettuare visite accurate per determinare l’ampiezza delle prime rose di covata e stimare quindi il quantitativo di nutrizione necessario a permettere la sopravvivenza delle famiglie. In molti casi ciò ha determinato la perdita degli alveari più forti che si sono trovati a dover affrontare temperature estremamente rigide per il periodo, con presenza anche massiccia di covata che ha causato un rapido esaurimento delle scorte o del nutrimento precedentemente messo a disposizione.

In simili situazioni, per scongiurare la morte per fame delle colonie, sarebbe preferibile intervenire con alimentazione a base di candito aprendo gli alveari anche con diversi gradi al di sotto dello zero senza paura di danneggiarle a causa delle basse temperature (le api non muoiono di freddo!).

Attualmente, nonostante il clima ottimale e le abbondanti possibilità di pascolo, il trend negativo che si protrae già da diversi anni sta ulteriormente peggiorando. In particolare negli apiari di pianura o comunque siti in zone a forte vocazione agricola si assiste ad uno sviluppo insolitamente rallentato con famiglie che a volte faticano a riempire l’arnia, a volte persino regrediscono con necessità di essere ulteriormente ristrette o unite ad altre deboli ed alimentate. I fenomeni più gravi non interessano la totalità degli apiari, ma l’estensione della loro frequenza è preoccupante. Lo risulta ancora di più se si considera che l’eccezionale fioritura di tarassaco a cui abbiamo assistito non ha consentito alle famiglie non solo di riempire un melario di miele (cosa che invece l’anno scorso era avvenuta sebbene le condizioni meteorologiche non fossero tutt’altro che buone), ma nemmeno di svilupparsi adeguatamente in vista dell’acacia. Attualmente sono numerosi infatti gli apicoltori della pianura che lamentano casse “leggere” e favi “secchi e vuoti” e che stanno intervenendo con massiccia e costante nutrizione di soccorso per mantenere vitali le loro famiglie. Anche quest’anno, in alcuni casi, con l’avvio dell’allevamento della covata si assiste al fenomeno della continua sostituzione di regine che evidentemente non risultano perfettamente fecondate o funzionali o di tentativi di sciamature da parte di famiglie che non solo non hanno raggiunto il massimo sviluppo, ma che anzi si trovano in pessime condizioni. Nelle zone litoranee e montane le condizioni delle api risultano in linea con la stagione e con le potenzialità di pascolo. In alcuni casi è stata notata dagli stessi apicoltori una inversione di tendenza, con famiglie dislocate in montagna meglio sviluppate rispetto a quelle posizionate in pianura. E inutile in questo momento fare supposizioni sulle cause del fenomeno (peraltro diffuso in tutta Italia ed Europa), ma risulta evidente che le zone più intensamente coltivate stanno diventando sempre meno adatte all’apicoltura.

Al momento attuale chi gestisce famiglie in pieno (si legga normale) sviluppo deve innanzitutto prestare attenzione al contenimento della sciamatura. Come nelle scorse stagioni si consiglia di evitare le periodiche visite di controllo con lo scopo di eliminare le celle reali di volta in volta allevate, ma piuttosto di procedere con l’allontanamento della regina (formando un nucleo su 2 telaini) al primo rinvenimento di cupolini con pappa. Il successivo passaggio dopo una settimana è necessario a garantire la nascita di una sola vergine e viene ottenuto eliminando tutte le celle tranne quella meglio sviluppata. Ovviamente per poter sperare in un minimo di raccolto tale operazione deve essere effettuata quando le api occupano oltre all’intero nido anche almeno 2/3 del melario.

Chi invece più probabilmente si trova di fronte a palesi fenomeni di spopolamento o comunque di difficoltà dello sviluppo delle colonie è invitato a rivolgersi agli esperti apistici di zona o dello sportello tecnico che stanno provvedendo alla raccolta delle segnalazioni.

Vi chiediamo inoltre di compilare il questionario COLOSS relativo ai fenomeni di moria di api anno 2018 che potrete scaricare al seguente link: http://www.izsvenezie.it/apicoltura-questionario-coloss-2017-2018

Se le famiglie dovessero presentarsi in condizioni di ritardo di sviluppo ma con bottinatrici attive e in fase di accrescimento (se pur lento), può essere utile tentare di arrivare al raccolto dell’acacia procedendo con pareggiamenti e riunioni allo scopo di arrivare a “piena cassa”.

Se invece presentassero i sintomi evidenti di uno spopolamento “cronico”, l’unica strada percorribile è quella di procedere con alimentazione di soccorso nel caso l’importazione non fosse sufficiente in attesa dell’acacia.

Sicuramente, se anche quest’anno non si riuscisse a produrre decentemente su questa fioritura, viste le generalmente non buone condizioni delle famiglie, il settore ne uscirebbe drasticamente ridimensionato, nel numero degli apicoltori e in quello degli alveari.